Cosa ho a che fare io con l’arte? Me lo sono chiesta solo dopo aver detto “SI” all’entusiasmo contagioso dell’artista Vincenzo Vavuso, fondatore del Maric, ai suoi progetti e alle sue ambizioni di ridare all’arte un posto in prima fila nella scala dei valori che elevano la dignità dell’uomo. Condivido il suo sentire l’urgenza di reagire a un mondo di soprusi e ingiustizie, il suo bisogno di dire che c’è altro oltre il solito. E mi sono lasciata trascinare in questa che pare essere una bellissima avventura sperando di apportare un valido contributo. La parola “arte” suscita tante riflessioni. In me la prima è che non siamo più abituati ad essa.Quanti di noi amano visitare mostre e musei? Quanti si lasciano sedurre da una facciata ornata di stucchi o dai ricami minuziosi in carparo, in legno o gesso? Quanti guardano una fotografia cogliendone la profondità di un’emozione? Quanti riescono a cogliere un messaggio da un dipinto? Quanti si fermano a riflettere su cosa c’è dietro l’apparenza frivola di un passo di danza, di un abito, di un disegno umoristico, di uno slogan? Quanti amano leggere un libro anche per il solo piacere di imparare qualcosa? Non c’è tempo per questo.Eppure questo esercizio di riflessione nutre la nostra mente.
Nell’era della tecnologia galoppante, ogni forma d’arte ci ricorda che al centro del mondo ci siamo noi, gli esseri umani. Con il nostro corredo di fantasia, di estro, di genio, che nessuna robotica potrà mai sostituire. E di un’anima, oggi sepolta da brutture e cattiverie imperanti.Bisogna quindi ritrovare fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità, urge dare slancio alla nostra voglia di futuro. Lo possiamo fare non solo attraverso la conoscenza, ma anche avvicinandoci ad ogni forma di arte.
Cos’è l’arte, è una domanda alla quale ogni pensatore da Platone a Kant, ha cercato di dare una risposta, esprimere un giudizio, dare un parere. Quindi da sempre esistono cose che suscitano interesse, da sempre l’uomo si chiede. Sarà forse proprio questa ricerca di definizione, che colloca il lavoro creativo e manuale dell’uomo, in quello che si definisce arte?
E già qui ho dato una definizione, “lavoro creativo e manuale”. L’arte infatti si nutre di creatività, che è la parte teorica iniziale, cioè il pensare alla realizzazione di un’opera. Poi avviene la parte pratica, la realizzazione vera e propria, la manualità. Ma c’è un’altra componente che contribuisce alla piena riuscita di un’opera d’arte, ed è il giudizio dato da coloro che ne vengono a contatto, che si lasciano conquistare da un pensiero positivo oppure si piegano a una smorfia di disgusto, che ne vengono attratti per bellezza oppure per il messaggio originale, che valutano il suo significato etico, estetico o emotivo. L’opera d’arte si sottopone al giudizio. Quindi è anche comunicazione.
Ed è tante cose ancora. E’ tenere vivo il senso di meraviglia, è spingere a vedere un pensiero, è un invito a ricordare l’anima, è il voler lasciare memoria visiva, è comunicare un disagio, un momento, una storia.
Nasce soprattutto dall’indignazione e quindi vuole denunciare ogni sopruso. Ma anche dalla capacità di inventare, da un’idea, da un estro, da un talento particolare che si nutre di pura fantasia.Per me arte è tutto ciò alla quale prestiamo attenzione.Ognuno con il suo modo di percepire, di sentirne la voce, di coglierne il messaggio.E in piena libertà decidere, poi, in base alla propria sensibilità, se banale oppure originale, particolare o ripetitiva, interessante o inutile.
Arte è anche libertà. Per se stessa e per chi la vive.
Liberi di esprimersi allora, agli amici del MARIC e a tutti coloro che spinti da un desiderio di rinascita ad ampio raggio, ci sosterranno con la loro numerosa presenza e partecipazione ad ogni evento possibile.
Grazie a tutti.
Teresa D’Amico
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